Prosegue la rassegna di articoli che ReHoRē dedica al #Whatif, per supportare ed ispirare le imprese a ripensare il domani, il tanto ormai discusso “post Covid-19”. Nella nostra posizione di coloro che non ritengono di vendere ricette magiche, rivolgiamo le nostre riflessioni a tutti coloro che non si fermano ad ascoltare e seguire l’oracolo di turno, ma si informano, raccolgono le idee e da bravi imprenditori cercano la loro via per ripartire e riposizionarsi.
In qualsiasi mercato l’imprenditore guarda ai Trend per capire dove e come investire meglio per la sua attività. Ma CHI influisce sui trend? E cosa determinerà i trend in questo periodo così imprevedibile? Può sembrare una domanda retorica, ma in realtà da questa domanda si diramano i due atteggiamenti primari dell’imprenditoria.
I trend derivano da un ciclo spiraliforme, un intreccio di bisogni espressi e inespressi delle persone e le risposte che le imprese e le organizzazioni riescono a dare. Per ciò che è in mano alle imprese, i trend sono per lo più condizionati dalla Brand Leadership, ossia la capacità di un Brand di incidere sul mercato delle imprese e delle organizzazioni pubbliche e private.
E da qui parte la riflessione che invito a fare. La reazione nel post Covid-19 sarà sostanzialmente distinguibile in due atteggiamenti che rappresentano due vie, due approcci differenti.
La resistenza al cambiamento: sarà perseguita da chi crede che il sistema attuale sia sempre, o ancora il migliore possibile. Oppure da chi ha paura del cambiamento e vuole ritrovare o mantenere alcune certezze o punti fermi tipiche del sistema odierno, o conquistate nel tempo.
La spinta al cambiamento: sarà perseguita da chi crede che il sistema attuale non sia in grado di garantire un futuro prospero ed equo. Da coloro che vedono in questa pandemia il segnale premonitore che è arrivato il momento di scardinare regole obsolete e pregnanti, e che saranno capaci di abbracciare la resilienza, diventando #SustainabilityAmbassador.
Se in Europa, o in ambito più ristretto prevarrà la resistenza al cambiamento, allora è probabile che i governi e le imprese ragioneranno in termini di breve/medio periodo. La priorità sarà quella di recuperare nel più breve tempo possibile il terreno perduto per arrivare ai livelli pre-crisi in tempi brevi. In tal caso difficilmente le imprese e gli stati vedranno investimenti pubblici di tipo più solidale, e dovranno attrezzarsi per una ripartenza la più rapida possibile. Si troveranno a programmare una prima fase rallentata dalle misure anti-contagio. Cercheranno di inventarsi l’impossibile per cercare di recuperare nella seconda fase tutto il terreno perso in precedenza.
La velocità: in Italia non siamo messi bene, la burocrazia soffoca la nostra velocità e rischiamo di perdere ulteriore terreno rispetto ai nostri concorrenti esteri.
La competizione interna: la competizione interna sarà drammatica, in un mercato che almeno inizialmente sarà in contrazione. Alcune imprese saranno destinate a soccombere, perché non solo non riusciranno a recuperare le perdite di questo periodo, ma per una aumentata debolezza continueranno a perdere. Le imprese più perspicaci invece riusciranno a ripartire, favorite anche dalla forte contrazione e dal probabile fallimento di molti concorrenti.
La competizione esterna: il rischio proveniente dai competitors stranieri è altrettanto forte, poiché di questa crisi probabilmente l’Italia sarà una delle vittime principali. Visto che già nel pre-crisi la nostra forza competitiva non era un granché, i competitors stranieri tenteranno nelle logiche attuali di conquistare fette preziose di mercato che gli italiani faranno fatica a presidiare. Probabilmente e purtroppo continuerà la corsa all’acquisto dei gioielli italiani, che già ad oggi ha contribuito a depotenziare di molto il valore “Italia” nel mondo.
Il rischio sanitario: la rincorsa alla velocità di ripresa non faciliterà il contrasto al contagio. Sebbene nessuno ad oggi possa prevedere fino a quando questo rischio sarà reale, sicuramente il tasso di mortalità del COVID-19 non ne gioverà. Come risultato finale, il cambiamento vero sarà solo rimandato, con anni di ritardo e con molte ferite in più.
“Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla” (Lao Tzu).
Non è intenzione da parte di ReHoRē indicare la strada giusta, perché nessuno è oracolo, ma l’Associazione è sempre disponibile ad accogliere le vostre riflessioni e a supportarvi nella strategia verso la via in cui credete di più.
L’unica cosa che ci sentiamo di suggerire (ed è questo uno degli obiettivi principali della nostra associazione) è che Sostenibilità e Responsabilità Sociale di Impresa saranno sempre più presenti nel palinsesto economico mondiale. Noi siamo qui per accompagnarvi su questa strada! In questo clima di incertezza, è meglio prepararsi sia il piano A che il piano B. Ciascun imprenditore può liberamente credere quale delle due vie sia la migliore oggi, ma la sua impresa dovrà sopravvivere ad un periodo dove le due vie conviveranno. Un periodo di tensioni dove la flessibilità (intesa come capacità di adattarsi rapidamente) accompagnerà comunque la strada prescelta.
L’autore di questo articolo è Stefano Maida – Maidatelier, presidente Associazione ReHoRé
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